Qualche tempo fa,
alcune notizie
riguardanti una cosa che si sarebbe fatta
ma che poi è rientrata
nel lunghissimo elenco delle cose che si sarebbero
potute fare ma… indussero alcune considerazioni riguardanti un casale
forinese, quello nato in tempi relativamente recenti rispetto alla storia
di Forino. La considerazione riguardava un sottile disegno (divino o del
fato, decidete voi), che segue la zona di Forino conosciuta come
Casaldamato dalle sue origini a oggi. Il casale, posizionato ad ovest
del paese e quindi decentrato rispetto ai più antichi casali della zona,
deve le sue prime frequentazioni al fatto di essere zona di passaggio, per
recarsi al lavoro nei campi circostanti, oppure per raggiungere
l’isolatissima chiesetta di Martignano, quella di Santa Maria
Castro Forini, come viene titolata in documenti risalenti al XII-XIII
secolo. E’ probabile, oltretutto, che ivi fosse presente anche qualche
mulattiera che, sfidando le pendenze della montagna chiamata Romola,
permettesse di giungere fino a Bracigliano (SA) attraverso il passo di
Piano Salto. Ed è da Bracigliano che giunse un buon samaritano,
colui che poi diede il nome al casale. Ci narra il Padre Antonio Girolamo
Tornatore (1879-1958), nella sua "Storia di Forino", che durante la
famosa peste del 1656 "…le stesse confraternite, si fiorenti in quell’
epoca, come si legge nei statuti di quella del Rifugio o Monte dei Morti,
"dismisero per la lagrimevole perdita della numerosa gente, cagionata dal
contagio, onde spopolato ne rimase il paese" e tanto spopolato, che furono
chiuse anche le chiese, ed i pochi rimasti vivi, chiamandosi a nome nei
giorni festivi, si raccoglievano fuori del paese, dove è l’ attuale
villaggio di Casal D’Amato, così detto, perchè ivi un sacerdote della
vicina Bracigliano, del casato D’Amato, veniva a portare il conforto della
fede ai dolenti superstiti, spauriti ancora per il cieco morbo che tante
vite aveva mietute e tante esistenze aveva spento...". Punto di luce
nel buio del dolore, quindi. E il destino ha voluto che, nel tempo, molte
altre volte la zona sia stata utilizzata per scopi altruistici e di aiuto
per il prossimo. Infatti sino al XIX secolo, nei momenti in cui le
epidemie, di colera o d’altro, si propagavano nel paese, i fabbricati che
sorgevano in quella zona venivano utilizzati come lazzareti.
Quindi, in periodi non altrettanto bui come quello della sua fondazione,
la carità umana verso il prossimo comunque continuava ad esprimersi in
quella zona, con l’aiuto di tanti altri sconosciuti samaritani. Uno dei
succitati fabbricati, conosciuto come la Masseria insisteva nella
proprietà Rossi Parise. E il destino volle ancora che la bontà degli
uomini seguisse a manifestarsi. E si manifestò nella nobildonna Rosa
Selvaggi, la quale, avendo ricevuto in eredità dal marito dei poderi, tra
cui quello dove sorgeva la Masseria, ne fece dono ai Padri
Passionisti della provincia religiosa campano – laziale denominata
dell’Addolorata. E da più di cinquant’anni i Passionisti a Forino, con
la loro missione, portano il credo, l’aiuto e il conforto che ne fanno dei
samaritani moderni. Ed è ancora qui, in questa zona, che hanno fondato il
loro convento, dedicato a San Paolo della Croce, fondatore dell’Ordine, e
dove si trasferirono alla fine del 1965, abbandonando così il vecchio
fabbricato. Credete che siano terminati gli eventi che stanno rendendo
questo casale così "speciale"? Nient’affatto! Dobbiamo purtroppo ricordare
che, nel periodo terribile del dopo terremoto del 1980, il campo sportivo
dei Passionisti fu utilizzato per l’insediamento di una baraccopoli
destinata ad ospitare i senzatetto. E anche in quel periodo, tanti buoni
samaritani, provenienti da ogni parte d’Italia, contribuirono ad alleviare
i disagi dei nostri concittadini che popolarono il centro d’accoglienza.
In seguito, in un’area adiacente a questo insediamento, vennero anche
costruite delle casette prefabbricate in legno, di cui ce ne sono un paio
ancora abitate. La notizia che alimentò queste considerazioni fu quella
che in quell’area si sarebbe dovuto compiere un ulteriore atto di questa
storia infinita di bontà. Il Comune destinò la zona appena citata alla
costruzione di un centro poliambulatoriale che doveva vedere all’opera
tecnici e sanitari dell’ospedale «Casa sollievo della sofferenza»,
nosocomio fondato da San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo. Il
precedente Parroco della frazione di Celzi, Don Biagio Pellecchia, già in
passato in missione a San Giovanni Rotondo, fu l’ideatore dell’operazione.
Allora, attendendo il compimento di quell’ultimo atto di aiuto al
prossimo, venimmo a conoscenza che l’Onlus che si doveva occupare della
realizzazione del centro era denominata "Il Samaritano". Semplice
coincidenza? Ci sarebbe piaciuto pensare che non lo fosse stato, ma
purtroppo "imperscrutabili" eventi ci hanno negato la gioia di quest’ultimo
atto di solidarietà
verso il prossimo.
(8.8.2002) |