Chiesa dello Spirito Santo nel Casale Creta
Situata nel più piccolo casale forinese, non molto distante
dal paese, la Chiesa dello Spirito Santo del Casale Creta non ha
una sua storia molto particolareggiata. Le vaghe notizie sui
luoghi in cui è sita ci conducono al dicembre del 1178, quando un
certo Damiano, figlio di Germano, e Solomia, sua moglie, vendono
al presbiterio Romualdo una "terra vacua sita nelle pertinenze
di Forino, nel luogo detto la Creta, per il prezzo di 20 tarì
salernitani". Detto di questo, null’altro, se si eccettua la
formazione del casale, ipotizzata da Girolamo Tornatore intorno al
XV secolo. Lo stesso storico ci ricorda inoltre che detto casale
ricadeva sotto la parrocchia di San Biagio. La chiesa, la cui
costruzione terminò intorno al 1595, nacque in un periodo
abbastanza florido per la popolazione forinese. Erano molti, alla
fine del XVI secolo, i forinesi che vivevano ed avevano cariche
rilevanti nelle più grandi città del Regno di Napoli. Uno di
questi, tale Francesco Bocchino, fu il committente della Chiesa
dello Spirito Santo. Ciò si evince dalla lapide posta sul frontone
della chiesa, la quale recita: "Franciscus Bucchinus Neap. Hanc
cappellam ad honorem S. Spiritus a fondamenta erexit de iure
patronatus sua familiare fecit ac data vita anno salute MDLXXXXV"
(Francesco Bocchino di Napoli questa cappella in onore dello
Spirito Santo eresse dalle fondamenta con diritto di patronato
alla sua famiglia. Fece e diede vita nell’anno 1595). L’edificio
si presenta con una facciata monumentale in stile gotico,
costituita da una serie di colonne lisce in pietra, che sostiene
la parte superiore, orlata da motivi ad arco ogivale simili a
quelli della Chiesa di Santa Maria Incoronata a Napoli, formando
una loggia. Le colonne interne, che terminano il portico, poggiano
sul muro retrostante; le quattro colonne anteriori, con base
quadrangolare, sono recintate da ringhiere in ferro, decorate da
motivi triangolari e quadrangolari. Tutto questo viene sostenuto
da un muro di contenimento; per l’ingresso si accede attraverso le
scale laterali. Interessante anche il piccolo campanile dalle
forme arabeggianti. Il Tornatore riferisce che "… una famiglia
del luogo, tal Bocchini, ricchissima e senza eredi, la fece
costruire e le lasciò per patrimonio quanto possedeva, con degli
obblighi di culto e cioè una Messa tutti i giovedì dell' anno e
poi beneficenza...". Uno degli obblighi consisteva anche nella
celebrazione dei riti per la festività dello Spirito Santo, il
giorno della Pentecoste. Il Vespucci descrive così la tradizione,
ancora viva negli anni 70 del Novecento: "…nel pomeriggio la
festa religiosa si trasforma in sagra. Si balla al suono del
rancascione: si consumano, in grande quantità, lupini e taralli;
si beve dell'ottimo vino. Regna allegria e spensieratezza. I
festeggiamenti hanno termine con l’accensione di ottimi fuochi
artificiali… ". E’ quindi, alla pari della festa del Lunedì
dell’Angelo di Martignano, una di quelle piccole feste che
esprimevano le tradizioni e la paesanità dell’evento. La chiesa
entrò nei beni feudali dei principi Caracciolo, che l’alienarono
alla famiglia Siniscalchi, attuale proprietaria. Il terremoto del
1930 provocò il crollo dell'abside, constringendo all'avanzamento
dell'altare. Lavori necessari alla sua stabilità, eseguiti negli
anni antecedenti al terremoto del 1980, hanno in un certo senso
evitato il suo crollo ma non la sua inagibilità. Nella sua cripta,
a cui si accede da una botola, sono conservate le spoglie mortali
di un monaco eremita morto nel XIX secolo. Recentemente (2012)
sono stati effettuati dei piccoli lavori di consolidamento del
campanile. I proprietari attuali avrebbero voluto cedere la chiesa
a chi assicurasse il suo restauro. L’augurio che questo avvenga è
d'obbligo, ma permane dello scetticismo nel merito. Tornando al
piccolo stemma marmoreo posto sul frontone della chiesa, che
probabilmente riprende effigia le fattezze di Francesco Bocchino,
elevatore del tempio, dobbiamo dare spiegazione all’iscrizione
posta sotto di esso, scolpita nel tufo: "CRETAE PAGI OPPIDUS
FLOS FELIX FLORENI". Nessuno ha mai citato questi particolari,
ne il Tornatore, ne il Vespucci. E pochissimi sono coloro che li
hanno notati. Questi segni sono rimasti per lungo tempo muti
testimoni della una storia che di tanto in tanto fa riemergere
piccole tracce del nostro passato, in attesa di una risposta.
Avuta grazie al dott. Lucio D'Amore, che interpellato nel merito
nel maggio del 2002, seppe cogliere nell'iscrizione quei piccoli
particolari che gli hanno permesso di tradurre e svelare a noi
tutti con precisione il significato della frase. La corretta
traduzione è "Borgo Casal di Creta, prospero fiore di Forino".
Spiegò il D'Amore che la strana "O" finale della parola che
apparentemente sembra oppido, non è altro che il frutto
dell' inserimento di una S all'interno di una U, da cui oppidus.
Il periodo tardo dell'iscrizione (XVI secolo) può spiegare
l'adozione di oppidus piuttosto che la forma classica più
logica e corretta oppidum, che oltre al significato più
conosciuto castello può essere interpretata come borgo.
Pagi invece indica più semplicemente villaggio, da cui ne
deriva per la prima parte dell'iscrizione la traduzione. Il tutto
si completa attribuendo al vocabolo felix il significato
prospero. |