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Una dinastia di modellisti forinesi
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Nel commentare
gli appunti storici tramandatici da uno scritto di Alessandro
Padiglione, giudice conciliatore in Forino nel terzo decennio del XIX
secolo, non è passata inosservata la menzione relativa ad un'altro
Padiglione, Domenico, impiegato presso il "Real Museo Borbonico di
Napoli". Questa istituzione culturale, conosciuta oggi come "Museo
Archeologico Nazionale", era ed è uno dei più antichi e più grandi
musei d'Europa. Nacque nella seconda metà del '700, per la volontà di
Ferdinando di Borbone di unificare i due preesistenti musei reali,
quello di Capodimonte e il Museo Ercolanese di Portici. Il nuovo
progetto museale, che prevedeva l'inserimento nella stessa sede anche di
altri istituti di cultura, quali la Biblioteca Borbonica e l'Accademia
di Belle Arti, fu approvato nel 1777, in pieno clima illuministico. I
primi allestimenti furono realizzati tra il 1807 e il 1815. Alla data
del 1830 tutte le raccolte del Museo risultavano ormai esposte,
organizzate, secondo i criteri museografici del tempo, per tipologia e
classe di materiale. Numerose furono in questi anni, e poi per tutto
l'Ottocento, le immissioni, spesso per acquisto, di oggetti provenienti
sia da collezioni private che da scavi condotti a vario titolo nei
ricchi siti archeologici della Campania e dell'Italia meridionale.
Dopo questo necessario preambolo, inquadriamo l'attività di Domenico
Padiglione, così come ci viene presentata nello scritto ritrovato.
"Finalmente l'esimio Architetto, ed antiquario D. Domenico Padiglione
meritò gli applausi di tutte le Nazioni. Costui fu impiegato nel Real
Museo Borbonico, ed attualmente la sua famiglia percepisce una pensione,
e i suoi figli D. Agostino e D. Felice Padiglione sono subentrati
nell'impiego del Padre. Fu addetto alla direzione dello scavamento in
Pompeo. Fu il primo a costruire col sughero il Mausoleo ed altri avvanzi
di Architettura Romana, l'Anfiteatro, le Piramidi, le tombe, il tempio
di Pesto, il Teatro di S.Carlo, ed il tempio di S. Francesco di Paola.
Gl' Inglesi voleano condurlo a Londra con una largiziosa pensione, gli
fu vietato la partenza dal defunto Re Ferdinando I, dal quale riportò in
premio una medaglia, che tuttavia si conserva dagli Eredi."
Da questa descrizione
possiamo senza dubbio affermare che, all'epoca della stesura degli appunti
(1837), Domenico Padiglione fosse trapassato già da qualche tempo. Una nota
in "Nova bibliotheca pompeiana. 250 anni di bibliografia archeologica",
di Laurentino García y García, ci precisa come suo
periodo di attività fosse compreso tra il 1820 e il 1830. Volendo dare per
buono quello di termine, probabilmente coincidente con la sua morte, abbiamo
altri due documenti che spostano decisamente indietro la data di inizio
delle sue creazioni. I suoi lavori erano già evidenziati in "Napoli
antica e moderna" dell'abate Romanelli, dato alle stampe nel 1815, e
nella "Guida per lo Real Museo Borbonico" di Lorenzo Giustiniani
risalente al 1824. In quest'ultimo sono addirittura elencati i suoi lavori
esposti nel Real Museo Borbonico, tra cui la pianta della città di Pesto (Paestum),
dell'Anfiteatro di Pompei e di molti altre scoperte archeologiche del tempo.
Una nota di Valentin Kockel, dell'Università di Augusta (Germania), "Models
of Pompeii – Only Documentation and Didactic Tool or Source of Inspiration?",
ci riferisce anche del modello in scala 1:48 degli scavi di Pompei eseguito
da Domenico e suo figlio. Il figlio menzionato ma non indicato probabilmente
è Felice, il quale è stato anche iniziatore e co-realizzatore del plastico
in scala 1:100 visibile ancora oggi nel Museo Archeologico Nazionale di
Napoli. E gli Inglesi? Si accontentarono di avere perduto i servigi di
questa valente stirpe di modellisti? Pare di no, tant'è che una importante
collezione di pezzi realizzati da Domenico Padiglione sono ospitati nel "Sir
John Soane's Museum" di Londra. Recentemente lo studioso John Taylor ha
posto la sua attenzione su queste creazioni, dando alle stampe il volume "Soane's
Cork Model" (I modelli in sughero di Soane) dove vengono
descritti gli oggetti ivi esposti, tra cui templi di Paestum e Pompei, le
tombe degli Orazi e Curiazi fuori Roma, scavi di tombe etrusche completate
finanche con miniature di mandibole e scheletri. |
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Di Felice Padiglione,
come appreso in precedenza, prese il posto del padre nel 1830,
supportati in questo dalle note contenute nel volume di
García y García, e che la sua attività si protasse
sino all'anno prima della sua scomparsa, avvenuta nel 1866. Sempre nello
stesso testo si accenna anche ad Agostino, ma senza ulteriori
descrizioni. Il plastico esposto a Napoli, "...eseguito
a più riprese a partire dal 1861, fu più volte smontato e spostato nel
corso del tempo sino a trovare la sua attuale collocazione museale dopo
la seconda guerra mondiale. Collocato nella sala XCVI al primo piano del
Museo, rappresenta, in scala 1:100, l'aspetto della città vesuviana
nella sua completezza di strutture e decorazioni, costituendo, per
alcuni versi, l'unica documentazione esistente per la definizione di
alcune zone danneggiate dal trascorrere degli anni, o scomparse in
conseguenza di eventi bellici. Nella riproduzione, ampia metri 8 x 5,
mancano solo l'anfiteatro, l'Insula occidentalis e l'Insula 2 della
regio VIII, oltre, naturalmente alle evidenze venute alla luce durante
gli scavi effettuati nel corso degli ultimi decenni. Il grande modello
venne progettato su iniziativa di Giuseppe Fiorelli, mentre la
realizzazione venne affidata a Felice Padiglione, figlio di Domenico
Padiglione, autore di numerosi altri modelli in sughero, come i templi
di Paestum o il macellum di Pozzuoli."
L'altro figlio
Agostino, invece, nel 1833 venne insignito dal "Real Museo Borbonico"
della medaglia d'argento di II classe per la realizzazione di un modello
della "Casa di Sallustio" (Annali Civili del Regno delle Due
Sicilie). Due sue realizzazioni sono esposte in Germania, nel
Castello di Aschaffenburg, nella più grande collezione al mondo di
modelli in sughero, dal titolo "Roma oltre le Alpi", inaugurata
nel 2003.
Queste frammentarie notizie, rimesse insieme, forniscono un sorprendente
quadro di questa famiglia di architetti modellisti di origine forinese.
Nulla vieta, anzi, lo si auspica, che in futuro queste notizie vengano
arricchite da nuovi riscontri bibliografici e museali. |
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