Dopo
qualche giorno di permanenza nel collegio di Galle, cuore della missione
dei gesuiti napoletani, fu trasferito al St.Aloysius
College di Ratnapura per il suo magistero.
I tre anni di
magistero a Ratnapura e a Galle lo introdussero in un nuovo
mondo: intenso studio dell'inglese, ingoiando sorrisi o risate ai suoi
sbagli da parte dei convittori che seguiva, dalla mattina alla sera, sui
campi di gioco, nello studio, in cappella, al refettorio, al dormitorio.
Appena conosciuto sufficientemente l'inglese, per lui ci furono ore nella aule scolastiche,
insegnando latino e catechismo. Poi ci fu la guerra: anni senza lettere
dall'Italia, umiliazioni continue dalla stampa inglese contro la nostra
patria, obbligato come nemico agli arresti domiciliari e a presentarsi
ogni giorno alla polizia che controllava tutti i suoi movimenti. In quel
tempo in cui tutta l'istruzione era data in inglese, Padre Carmine sentì
presto il bisogno di accostarsi di più al popolo e cominciò privatamente
lo studio e la pratica della lingua singalese, frequentando i bambini
delle classi elementari per imparare bene la pronunzia; in riguardo a
questo, in una intervista rilasciata al quotidiano emiliano
"Il Piccolo" nel 1998, parlò delle difficoltà affrontate in
quel nuovo mondo, prime tra tutte appunto l'imparare la nuova lingua. Dopo
tre anni di duro magistero, sarebbe dovuto partire per Kurseong, ai piedi dell'Himalaya, per il corso di teologia, nel Teologato
comune a tutte le missioni gesuitiche in India, ma lo stato di guerra non
gli permise di lasciare l'isola. Studiò quindi la teologia a Kandy, nel
Seminario Pontificio diretto dai gesuiti, dove si formava il clero locale
e dove egli per qualche tempo aveva insegnato latino e greco. Fu ordinato
sacerdote nella cattedrale di Galle, nella funzione amministrata venerando
Vescovo Mons. Nicola Laudadio, il 21 novembre 1943. Dopo un brillante
esame di Licenza in teologia, essendo ormai finita la guerra Padre Carmine
potè fare l'anno di terza probazione in India. Ormai
trentenne e dopo quindici anni di preparazione, egli iniziò un lavoro
infaticabile nelle varie stazioni missionarie (Kegalle, Balàngoda,
Yatiyantota) accanto a veterani gesuiti belgi e a zelanti sacerdoti
diocesani. Pur continuando lo studio del singalese, Padre Carmine si sentì
coinvolto nella tragica situazione delle masse di lavoratori tamulici,
introdotti dal sud India nell'isola dai colonizzatori inglesi e sparsi
nelle piantagioni di tè e di caucciù. Egli imparò così anche il tamil,
lingua oltremodo difficile, per portare un po' di aiuto anche a loro:
frequenti visite a domicilio, su e giù per le estese piantagioni di tè o
nei villaggi singalesi nelle sconfinate piantagioni di gomma, attento alle
sanguisughe e alle zanzare. Padre Carmine, col cuore e gli occhi aperti ai
bisogni disperati di parecchi di loro, assieme all'aiuto spirituale
cercava sempre e improvvisava nuovi aiuti di emergenza. Nel 1952 fu
nominato parroco di Yatiyantota, un enorme territorio della Provincia di
Sabaragamuwa. Come manager di scuole, Padre Carmine si accorse
subito delle difficoltà insuperabili che maestri ed alunni dovevano
affrontare per raggiungere l'unica scuola inglese del
Distretto, il "St.Gabriel's College", specialmente durante la
stagione dei monsoni e delle frequenti inondazioni. Acquistò
un pezzo di terreno di fronte alla chiesa, sulla riva del fiume Kelani, e
vi costruì piccoli appartamenti per i maestri; per il trasporto degli
alunni comprò un pullman e un furgone. St.Gabriel's era una scuola mista:
Carmine persuase le Suore del Buon Pastore ad aprire una loro casa e a
prendersi cura delle ragazze. Gurugalla,
a 14 miglia dal centro, un villaggio cattolico sperduto in una marea di
centri buddisti, era in misere condizioni economiche: pezzetti di terra
coltivati alla meglio, pochi alberi di banana, cocco e papaia, erano la
loro unica ricchezza. Padre Carmine maturò un'idea: perché non
utilizzare i gusci del cocco, ricchi di abbondante fibra? Nacque così la
Scuola Industriale, dove la fibra del cocco era trasformata in funi, molto
richieste nelle piantagioni. L'iniziativa
ebbe un grande successo tanto che lo scolastico americano Brou suggerì
che ormai un po' di pubblicità ci voleva: "Le funi di Gurugalla
avvolgono il mondo! Comprate le funi di Gurugalla!". Questo era Padre
Carmine Iannaccone: il fuoco dello zelo sprigionato dal suo cuore
accendeva altri cuori! Il 12 ottobre 1955 fu nominato Superiore di tutta la Missione di Galle. Si
lanciò allora con entusiasmo nel lavoro della promozione delle vocazioni
fra i ragazzi indigeni, sviluppando la Casa Loyola a Galle, nella quale
inviare ragazzi e giovani per studiare e prepararsi ad entrare nel
Noviziato della Compagnia di Gesù. Trasformò pure la vecchia "Villa
Glen Helen", ribattezzata "Villa Fatima", in una bella Casa
di Esercizi Spirituali. Nel frattempo era spesso al fianco dei "suoi
uomini", che si battevano nelle parrocchie e stazioni missionarie e
nelle scuole, a Kegalle, Ratnapura, Yatiyantota, Balangoda, Elpitiya,
Galle.
Il 22
giugno del 1956 è di ritorno a Forino, come ci viene narrato in un articolo
pubblicato su "La Campana", sempre a cura di Padre Tornatore:
"Un avvenimento veramente tenero e commovente - Nelle prime ore di domenica 22 u.s. si diffondeva per Forino la notizia
che nella sera precedente a tarda ora, era giunto dalle Indie il
Missionario Gesuita P. Iannaccone ed era ospite di S.E. il Comm. Iacuzio.
Noi che lo amammo come un figliuolo; questo ragazzo dopo la tremenda
sventura che lo colpiva in quella notte tragica del 28 maggio 1926, noi
che lo ammettemmo alla nostra scuola e vista la sua vocazione religiosa lo
avviammo alla compagnia di Gesù sapendolo ritornato tra noi, Sacerdote e
Superiore della Missione del Ceylon, ne sentimmo un’intima commozione e
quando poco dopo si gettò nelle nostre braccia piangemmo… Più tardi
nella nostra Chiesa (quella di San Biagio vecchia, n.d.r.) gremitissima, egli saliva l’altare per
celebrare la S. Messa e al Vangelo ringraziò tutti, ma ringraziò
commosso, il suo vecchio parroco che gli aveva ispirata e conservata la
vocazione allo stato religioso e parlò magistralmente delle vocazioni che
oggi mancano perché la Famiglia non educa cristianamente i figliuoli. A
messa finita molti cittadini vennero in sagrestia ad ossequiarlo ed a
ricordare i giorni della sua fanciullezza da chierichetto nella nostra
Chiesa, di scolaro e di alunno della Scuola Catechistica. Il giorno
seguente partì pel Congresso Eucaristico di Lecce e tornerà di nuovo”.
Da allora e più di prima, la sua missione fu instancabile. Era
un grande sognatore apostolico, Padre Carmine, in autentico stile
ignaziano. Aveva un sogno, un'idea: ci rifletteva, pregava, e poi avanti
con attivismo febbrile verso la realizzazione, coinvolgendo compagni,
amici e benefattori. Così sorse la bella sezione della casa di esercizi a
Lewella: una targa in bronzo sulla porta di ogni camera è il ricordo
commovente dello zelo acceso da Padre Carmine in tanti cuori. Fu lui,
lungimirante, che cominciò la costruzione della Residenza di Colombo, che
poi è diventata la sede del Provinciale dell'attuale Provincia Gesuitica
dello Sri Lanka. Padre Carmine aveva una maniera tutta propria di sollecitare e
ottenere il denaro per le sue opere e di amministrarlo, maniera che non
tutti capivano e molti scherzosamente chiamavano non
ortodossa. Quando si discuteva di tali cose, Padre Carmine sembrava
operare su una lunghezza d'onda tutta sua: quello che contava era
realizzare il sogno! Con le mutate
condizioni sociali dopo l'indipendenza dalla Gran Bretagna del Ceylon,
divenuto Sri Lanka, e con il buon numero di vocazioni locali, si pensò di
fondere le due Missioni, quella di Galle, nel centro-sud dell'isola, retta
dai gesuiti della Provincia di Napoli, e quella di Trincomalee-Batticaloa,
nell'est dell'isola, retta dai gesuiti americani della Provincia di New
Orleans, in un'unica unità amministrativa, la Vice-Provincia dello Sri
Lanka, diventata poi vera Provincia. All'atto
della fusione, Padre Carmine aveva già pronti i piani per la costruzione
del Noviziato in località Lewella presso Kandy, al centro dell'isola.
Nella Curia Generalizia si pensava di nominare Vice-Provinciale il Padre
Carmine, il quale però declinò l'incarico in favore di un gesuita locale
per favorire l'indipendenza anche religiosa dello Sri Lanka. Libero
ormai dagli impegni del governo della missione, Padre Carmine si tuffò di
nuovo in un vortice di attività pastorali, successivamente nelle
parrocchie di Elpitiya, Kahawatta, Lewella, Deniyaya, Nawalapitiya,
Cholalande. Mentre lavorava ad Elpitiya, col pesante lavoro apostolico in
parrocchia, nella scuola e nelle piantagioni, Padre Carmine si impegnò a
fondo nella formazione delle Suore dei Santi Angeli, una Congregazione
religiosa esclusivamente indigena, fondata dal Vescovo gesuita di Galle
Mons. Joseph Van Reeth. Non soltanto direzione spirituale, istruzioni,
colloqui, ect, ma un impegno a fondo per trasformare tutta la
Congregazione in un potente movimento missionario, tanto che i suoi
confratelli lo chiamavano, scherzando, "il Cardinale protettore dei
Santi Angeli". Padre Carmine sorrideva e andava avanti col suo
lavoro. A Nawalapitiya, col valido aiuto dei suoi confratelli gesuiti
srilankesi, operò un grande rinnovamento sia in città che nelle
piantagioni. Una bella statua di marmo della Madonna, giunta dall'Italia
come dono del Padre Mario Francesconi, è un caro ricordo di quei giorni. Ma le grandi difficoltà della
gioventù furono di gran lunga superate da quelle che si trovò ad
affrontare a partire dal 1983. Nell'isola, una guerra civile, combattuta
tra le etnie Singalesi e Tamil, portò lutti e distruzione tra la
popolazione. La sua missione fu punto di salvezza per tante persone che
fuggivano per timore di essere uccise e ciò fu fatto con grande pericolo
per lui e per i suoi confratelli. Placatisi gli animi, cessate le
vendette, rimasero le conseguenze della guerra: fame e mancanza di
abitazioni. Ma la Provvidenza fece si che scattasse una gara di
solidarietà, in Italia, e Padre Carmine ricevette molti finanziamenti.
Molti sono i villaggi da lui fondati, ma in lui coltivava un sogno
utopistico: la convivenza, in un solo villaggio, di varie
etnie: un villaggio multirazziale e multireligioso. Il suo sogno diventò
presto realtà. Dapprima acquistò un terreno dalle autorità locali,
incontrando particolarmente la resistenza dei cattolici indignati perchè
i musulmani avevano loro tolto una scuola. Ma tale resistenza fu vinta il
giorno di Pasqua. In quel giorno, nella sua chiesa piena di fedeli,
pronunciò una forte omelia: espose la sua intenzione di costruire il
villaggio della concordia formato da 40 casette di cui 10 per i musulmani,
10 per i cattolici, 10 per i buddisti, 10 per gli induisti delle due etnie
Tamil e Singalesi. Invitò i suoi fedeli ad essere coerenti con il vangelo
nel quale sta scritto "Amate i vostri nemici, fate del bene a chi
vi odia...". Le sue parole furono "Io andrò avanti con
voi o senza di voi e saranno i nostri nemici i primi ad avere le case!"
La sua formidabile determinazione lo portò a fondare successivamente, nel
1992, a Cholankanda un nuovo villaggio, la Boys Town, dove oltre 150
ragazzi hanno i mezzi per imparare un mestiere. In queste parole che
riportiamo di seguito, troviamo tutta la sua determinazione, costanza e
fede: "La fede smuove le montagne. Il segreto sta nell'affidare le
nostre opere al Signore ed abbandonarci alla sua volontà: se è opera
sua, Lui provvederà. Se è opera nostra o del nostro ego, si
autodistruggerà." Non sono solo questi i villaggi missionari da
lui fondati nello Sri Lanka. Ricorderò solamente il Villaggio Mercogliano
(Mercoglianopitiya), nato grazie alle donazioni dei fedeli della cittadina
alle falde del Partenio. In una delle
sue brevi visite in patria, Padre Carmine si infiammò di devozione per il
nuovo santo Giuseppe Moscati, il santo medico di Napoli. Ritornò in Sri
Lanka con una bella reliquia e costruì in suo onore una graziosa cappella
a Cholakande. Con la realizzazione
del suo sogno, Padre Carmine ormai ottantenne cominciò il lungo, amaro
processo di distacco da tutto ciò che gli aveva dato forza, gioia,
entusiasmo, fin quando all'inizio dell'anno 2001 le sue condizioni fisiche
lo costrinsero a trovare rifugio, lontano dalla sua Cholakande, nella Casa
di Riposo di Galle, vicino alla Residenza dei Gesuiti, amorevolmente
curato dalle ottime Suore di Carità.
Una vita dedicata completamente al servizio del
prossimo, del prossimo più debole. La sua fibra forte ha resistito
finchè ha potuto, sino all' 11 luglio del 2002, quando, nella città di
Galle, serenamente è spirato. E li ora le sue spoglie riposano, lontano
dal suo paese natio, ma vicino alla gente che lui ha tanto amato e che a
lui deve veramente tanto. |