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Chiesa di San Giovanni Battista
"de Celsis"

Ai piedi della collina di S. Nicola troviamo un tipico esempio di chiesa campestre di epoca medioevale, titolata a San Giovanni Battista, con aggiunta la dicitura de Celsis. L'origine di questa chiesa è antica; se ne trova notizia in uno scritto dell'ottobre del 1293 (Reg. Angioino 53 fog. 151), dove si legge che Re Carlo II d'Angiò, che vantava diritti su tale chiesa, la concedeva in proprietà a tale Giovannetto che era stato al suo servizio durante la sua prigionia passata in Sicilia, e che fedelmente, una volta che il Re ebbe riacquistato la libertà, lo aveva seguito a Napoli. In seguito i proprietari, la famiglia dei Principi Caracciolo di Forino, come si legge dall'inventario voluto dall'Arcivescovo Poerio di Salerno nel 1718, la vendettero unitamente al terreno circostante. Verso la metà del XIX secolo, l'edificio ormai totalmente diruto, fu interdetto. Una sua supposta successiva riconsacrazione, datata 1856, appare improbabile, in quanto si dice che la notizia sia ripresa da un atto della Principale Corte dello Stato di Forino. Essendo avvenuta l'eversione dalla feudalità delle terre napoletane sin dal 1808, questo ufficio era decaduto con il feudalesimo stesso. La chiesa, a una sola navata con copertura di pinci ed embrici, aveva un solo altare con icona di pittura raffigurante San Giovanni. Verso la metà degli anni '80 del Novecento fu evitato dalla Soprintendenza il suo abbattimento. Oggi, la struttura è in degrado e funge da deposito dei proprietari del terreno su cui insiste. La chiesa si trova a ridosso del Fosso delle Pescare, l'inghiottitoio naturale che si trova alle spalle della frazione Celzi e che tanti problemi crea quando il deflusso delle acque piovane non avviene regolarmente. L'area, soggetta a periodici eventi alluvionali, fornisce una lettura sull'attenzione che si poneva in passato ad eventi che si verificavano comunque con frequenza minore rispetto agli ultimi tempi. Fotografie della zona scattate dalle rampe della strada che conduce a Castello, ci indicano che la chiesa, nonostante sia stata testimone nei secoli di tante alluvioni, con conseguenti sversamenti di detriti e fango, è posta su una specie di tumulo la cui origine è certamente artificiale, e che quindi la difende da eventi estremi. Queste considerazioni ci inducono a raccontare di alcune strane leggende che circondano questo edificio le cui origini si perdono nel tempo. Sappiamo che nella Piana di Forino, nel 663, vi fu combattuta una battaglia tra Longobardi e bizantini; ce ne parla Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum (‘ad locum cui Forinus nomen est’, Libro V, 10). Gli uomini del duca Romualdo, pur in numero inferiore, costrinsero alla fuga i bizantini guidati dal generale Saburro. Uno dei luoghi dove può essersi svolta la battaglia, non esistendo riferimenti precisi nel merito, è proprio a ridosso del monte Bufoni, quindi nella zona dove insiste la chiesetta. E i racconti fantastici di vecchi coloni del terreno circostante narrano di ritrovamenti a più riprese, in passato, di ossa umane ivi sepolte in grande quantità.

 

 

Siamo entrati nel campo delle supposizioni e delle leggende, ma si potrebbe pensare che quel tumulo di origine artificiale, dove posa le fondamenta la chiesetta, altro possa non essere che una grande fossa comune dove riposano i resti di chi combattè quella sanguinosa battaglia. A suffragio di questa ipotesi ci viene la titolazione della chiesetta. Alla fine del VI secolo d.c., la regina Teodolinda volle che venisse costruita a Monza, residenza estiva della corte Longobarda, una chiesa in onore di San Giovanni Battista. L'erezione di questa basilica assunse un importante ruolo simbolico e sacro nell'immaginario longobardo. Addirittura, la basilica venne anche ricordata nella profezia comunicata, ai tempi di Grimoaldo, da un eremita all'imperatore bizantino Costante II, che mirava alla riconquista dell'Italia: il monaco lo informò infatti che i Longobardi erano invincibili poiché protetti da san Giovanni, proprio grazie alla decisione di Teodolinda di costruire quella basilica in suo onore. Quindi i Longobardi, oltre alla devozione per San Michele Arcangelo, ne avevano un'altra certamente pari per San Giovanni. E quindi tale leggenda sembra possa avere un fondamento di verità.