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Chiesa di Santa Maria della Misericordia e Sant'Anna

La zona di Forino che più ha perso la sua identità storica nel dopo terremoto è senz'altro la frazione Celzi. Del vecchio impianto urbanistico rimane solo qualche portale, nulla più. La chiesa della frazione, oggetto di questa pagina, deve il suo aspetto comunque a modifiche apportategli nei primi anni '60 del XX secolo. Nelle foto a fianco sono evidenti le differenze, tra cui il campanile più alto rifatto tra il 1964 e il 1968, che ne ha sensibilmente variato l'aspetto. E' da ricordare, inoltre, che sono solo pochi anni che la chiesa è stata riaperta dopo i lavori susseguenti il terremoto. Ma diamo qualche cenno storico circa la chiesa, e sulle tradizioni ad essa legate. La sua origine, al contrario di altre chiese forinesi, non si perde nel tempo. E' nel XVI secolo che gli abitanti del casale di Celzi, non ritenendo più idonea alle loro esigenze la chiesetta di San Giovanni de Celsis, per un certo aumento demografico e la costruzione delle taverne per ospitare i viandanti, ebbero l'esigenza di un luogo di culto più ampio. Era molto ricca di suppellettili con un'icona della Vergine sull'altare maggiore. A seguito dei vari terremoti susseguitisi nel tempo, intorno all'anno 1700 venne modificata la copertura, poggiata su un muro di tufo mentre le fondamenta così come gran parte delle mura perimetrali sono in pietra. Nella visita pastorale del 1837 monsignor Paglia eleva la cappella di S. Maria de Jacobis, più ampia e più rispondente alle esigenze del paese, a chiesa curata. Elevata a parrocchia il 4 novembre 1931, è unita “ad tempus” a castello il 15 maggio 1958.
Una simpatica tradizione è legata a questa chiesa, in occasione della festività di Sant'Anna, il 26 luglio, e cioè quella del Ciuccio di fuoco. Lo storico Gennaro Vespucci racconta che l'usanza,
per quello che si può conoscere, risale agli inizi del Novecento e non ha un particolare riferimento religioso o di costume. Ma, a quando risale e perché nasce il ciuccio di fuoco? E' difficile rispondere a questa domanda. E' una tradizione tipica dei comuni nostri limitrofi del salernitano, nella fattispecie di Acigliano di Mercato San Severino. Probabilmente ha a che fare con il commercio di animali da soma che una volta era molto diffuso tra le zone dell'avellinese e del salernitano.

 

Chiesa di Santa Maria della Misericordia e Sant'Anna

Infatti nella frazione sanseverinese la tradizione racconta che molti anni addietro alcuni mercanti di animali provenienti dall'avellinese, nel condurre degli asini da vendere sulla piazza di San Severino, si videro morire una delle bestie nei pressi di Acigliano. Quella presenza inusitata fece balenare negli aciglianesi l'idea di farsi beffa dei nemici pandolesi. Legarono una corda al collo dell'animale e lo trascinarono fino alle prime case di Pandola. Ritornando al nostro paese, dobbiamo ricordare l'importanza avuta per secoli dalla frazione Celzi quale stazione di posta e luogo di ristoro, posizionata in un punto strategico della strada dei Due Principati, qual'é il termine della salita della Laura e della relativa mulattiera. Si può supporre che il ciuccio di fuoco sia un evento importato e che a contatto con la cultura del luogo di adozione possa aver assunto significativi nuovi: festa propiziatoria di eventi legati al mondo contadino; cerimonia di purificazione; rovesciamento provvisorio di valori. In ogni caso siamo al cospetto della celebrazione di un rito la cui popolarità ed il cui radicamento hanno raggiunto livelli che prescindono dal mistero che circonda il suo contenuto simbolico. Il rito consiste nel trascinare una sagoma in ferro di un asino, bardato di fuochi d'artificio, tra due ali di folla vociante. Quello che viene a crearsi è un forte coinvolgimento emotivo sia da parte dei tiratori che del pubblico.
 
qui il "ciuccio di fuoco" del 26 luglio 2009

 
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