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Simboli apotropaici in giro per Forino
 

Se una società senza simboli non può evitare di cadere al livello delle società infraumane, poiché la funzione simbolica è un modo di relazione tra l’umano ed il sovraumano, è altrettanto vero che sulla interpretazione dei simboli e sul loro impiego, da sempre, gli uomini, sia gli studiosi sia l’uomo della strada, dibattono e si dividono. Tale atteggiamento è spesso dovuto al fatto che troppo spesso si assiste a tentativi di trovare significato ai simboli, mentre un simbolo non significa: evoca e focalizza, riunisce e concentra una molteplicità di sensi che non si riducono a un unico significato e neppure ad alcuni significati soltanto. All’interno del medesimo simbolo vi sono evocazioni simboliche molteplici e gerarchicamente sovrapposte che non si escludono affatto reciprocamente, sono anzi perfettamente simbiotici tra loro, perché in realtà esprimono le applicazioni di uno stesso principio a ordini diversi; ed in tal modo si completano, integrandosi nell’armonia della sintesi totale. È proprio questo che rende il simbolismo un linguaggio molto meno limitato del linguaggio comune ed adatto per l’espressione e la comunicazione di certe verità, facendone il linguaggio iniziatico per eccellenza ed il veicolo indispensabile di ogni insegnamento tradizionale.

In questa sede cercheremo di dare un senso e di capire alcuni aspetti urbani ed extraurbani del territorio forinese, di cogliere determinati dettagli che appartengono al quotidiano ma dei quali ben poco conosciamo, catalogandoli il più delle volte frettolosamente nella categoria superstizioni. Era abitudine antica, ultimata la fabbricazione della casa, porre sull'architrave e sulla chiave di volta dell'arco, una maschera in pietra o in terracotta per tenere lontano dalla nuova fabbrica il malocchio e gli spiriti maligni. Spesso era una figura demoniaca, con fauci aperte, la lingua di fuori e le corna vistose sulla fronte. Visione sicuramente attinta dai prototipi magno-greci. L'uso di queste decorazioni architettoniche, come anche il loro significato propiziatorio, è antichissimo. Satiri e gorgoni in pietra o terracotta ornavano le antefisse dei templi greci e romani. La simbologia magica è andata trasformandosi fino a perdere il significato originario. Le maschere apotropaiche fanno parte della civiltà contadina, che viene incalzata, pressata, lottata dalla civiltà industriale. Hanno avuto la loro funzione non solo decorativa ed ornamentale, ma anche magica ed antropologica. L'aggettivo apotropaico deriva dal greco apotrepein, cioè "allontanare", e generalmente i simboli e gli oggetti di questo tipo condividono la comunanza nell'allontanamento da qualcosa, intesa spesso come "tenere a distanza". Viene solitamente attribuito ad un oggetto o persona atti a scongiurare, allontanare o annullare influssi maligni. Si parla ad esempio di monile apotropaico, rito o gesto apotropaico. Nel mondo letterario ha assunto il carattere di rito che allontana il male, dunque esorcizzante. Si può intendere come suo sinonimo anche l'atto dello scongiurare, come ad esempio i riti apotropaici che venivano riservati ai generali dell'antica Roma in trionfo.
Dire che queste usanze sono in decadenza, perché la gente è meno superstiziosa e crede meno nell'influsso delle forze misteriose ed arcane sulla sua vita, non è esatto, almeno nei piccoli centri agricoli come il nostro.

Se casomai le maschere poste su alcuni edifici del nostro paese sfuggono le caratteristiche sopra riportate, e quindi non tutte sono nate con la funzione di respingenti delle forze maligne, al contrario non è infrequente incontrare altri simboli apotropaici tipici della civiltà contadina legati allo medesimo scopo. Ad esempio, i ferri di cavallo posti a mo’ di corna, oppure treppeti senza un piede, o ancora macabre teste scarnificate di bovino. Provate a curiosare in campagna, nei pressi di case di campagna abbandonate, di pagliari o di cancelli. Noterete molti di questi oggetti. Così come le scope, legate o inchiodate nei pressi di usci o finestre. Associata all’elemento Terra, il luogo purificato per eccellenza, indica quindi la pulizia e il movimento. La scopa viene posizionata sollevata da terra, e se tenuta vicino alla porta di casa allontana spiriti maligni e le energie negative. Ma si possono fare anche incontri più macabri o inquietanti di quelli descritti. Altra usanza abbastanza diffusa è quella di inchiodare uccelli, preferibilmente notturni, sugli stipi delle porte.

Rito anche questo abbastanza antico; se leggiamo “Le metamorfosi” di Lucio Apuleio, scrittore latino del II secolo, troviamo una interessante spiegazione di questo rito antichissimo: “Che allegria, infatti, e come potranno goderselo, le signore, un amante gufo. La sappiamo, no? la fine che fanno questi uccelli notturni quando entrano in qualche casa: li prendono e li inchiodano alle porte perché con la loro morte atroce facciano penitenza delle disgrazie che il loro volo infausto reca alle famiglie”.
Tutti questi riti sono legati ai comportamenti scaramantici che si svolgevano in prossimità della soglia. Questo luogo di ingresso veniva inteso come sede di presenze divine con funzione apotropaico-tutelare. Infatti sono molteplici anche qui i simbolismi comportamentali che facevano della soglia un luogo da proteggere e da cui proteggersi. Se pensiamo tutte le superstizioni che ci dicono che la soglia non andava mai varcata con il piede sinistro, è cattivo presagio inciamparvi, le spose dovevano infatti ungere la soglia con grasso di maiale, e tante altre piccole attenzioni.
A questo breve escursus in questo mondo latente al nostro, unisco della documentazione fotografica. Potremo così conoscere e dare un significato a tante piccole cose che sono consuetudine della nostra vita, visto che ci stanno da sempre accompagnando.